News

Pillole della salute
A cura della redazione

“Dottore, rischio l’infarto?”

Quali esami aiutano il Cardiologo ad inquadrare il rischio cardiovascolare

Non capita di rado che un soggetto di mezza età e in buona salute arrivi dal cardiologo con una richiesta di “visita + ECG + ecocardiogramma” per fare un cosiddetto tagliando, ovvero un bilancio della salute cardiovascolare, volto anche a capire il rischio d’infarto.

Fin qui niente di male, anzi! Ce ne fossero di persone che si fanno controllare prima di avere il problema più grave! Si ricorda infatti che l’infarto (assieme all’ictus) è la principale causa di disabilità e mortalità nella nostra popolazione.

C’è un però. Il Cardiologo non ha la sfera di cristallo e, nonostante gli anni di studi, non gli basta guardare, toccare e auscultare una persona per predire l’infarto. Inoltre l’elettrocardiogramma (ECG) e l’ecocardiogramma, nonostante siano i due strumenti chiave per studiare i pazienti cardiologici, non hanno la capacità di rintracciare degli elementi che possano aiutare ad inquadrare il rischio di infarto di un soggetto apparentemente sano. In altre parole, un ECG ed un ecocardiogramma possono essere perfettamente normali anche pochi minuti prima di un infarto! Pertanto, quando questi due esami danno un esito normale, non bisogna pensare che sia “tutto a posto”.

 

Di cosa ha bisogno allora il cardiologo?
Prima di tutto dovrà fare alcune domande sulla storia clinica del soggetto, ad esempio sulla familiarità per malattie cardiache, sullo stile di vita (fumo, sport…) e sulla presenza di eventuali altre malattie (in particolare il diabete).

Dopo di che si passerà ai numeri. Per inquadrare il rischio cardiovascolare è molto importante portare in visione delle analisi del sangue recenti che comprendano come minimo:

  • la funzionalità renale (creatinina)
  • il profilo lipidico completo (colesterolo totale, colesterolo HDL e trigliceridi; il colesterolo LDL si calcola facilmente da questi 3 parametri)
  • il profilo glucidico (glucosio a digiuno e, eventualmente, l’emoglobina glicata)

Altri numeri importanti non presenti nelle analisi sono il peso (e l’indice di massa corporea) e la pressione arteriosa.

Con questi elementi il cardiologo può inquadrare il soggetto come a rischio basso, intermedio o alto grazie a degli algoritmi validati, e può consigliare delle terapie farmacologiche o comportamentali specifiche caso per caso.

In alcuni casi, in particolare in quelli a rischio intermedio, nei quali sia il medico che il paziente vogliono avere qualche elemento in più prima di intraprendere un’eventuale terapia preventiva, possono essere prescritti esami più approfonditi quali:

  • il Doppler dei Tronchi Sovraortici (TSA): si tratta di una ecografia delle grandi arterie che attraversano il collo, le carotidi; il riscontro di placche aterosclerotiche, anche se piccole, porta il soggetto su un piano di rischio maggiore, quindi fa propendere per iniziare una terapia preventiva;
  • la TC calcium score coronarico: è una TC (“tac”) particolare che usa poche radiazioni e non usa il mezzo di contrasto, e in pochi minuti permette di misurare quanto calcio c’è nelle coronarie; normalmente non dovrebbe essercene, quindi valori elevati identificano il soggetto a rischio.

 

In conclusione, vista l’elevata incidenza delle malattie cardiovascolari nella nostra popolazione, superati i 40 anni (o in casi particolari anche prima) è buona norma fare un tagliando per controllare lo stato di salute del proprio sistema cardiocircolatorio. Il cardiologo vi aiuterà nel percorso diagnostico e infine vi illustrerà come intervenire per ridurre il rischio di infarto e ictus.